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L’infettivologo Pierluigi Viale va controcorrente: “Il virus ora è più debole: facciamolo circolare o si bloccano gli ospedali”

BOLOGNA Sbotta l’infettivologo Pierluigi Viale, direttore delle Malattie infettive del Sant’Orsola: “Il virus non è più quello del 2020, ora va lasciato circolare. Invece il governo non si muove nel cambiare le norme e questo sta paralizzando di nuovo gli ospedali”.

Professore, siamo nel pieno di una nuova ondata, il picco è previsto nella seconda metà di luglio, perché questo suo appello?

“Perché bisogna accettare la realtà e arrivare a convivere con un virus che si è così bene adattato all’uomo che non se ne andrà più. Siamo oramai a un milione di casi al giorno, se consideriamo anche chi non dichiara di essere positivo, avremo due terzi dell’Italia infettata a fine mese e non ha più senso continuare a isolare la gente. Il virus sta infettando la popolazione senza creare casi gravi, ma noi nel giro di 15 giorni diventeremo matti a trovare posti letto per chi ha tutt’altro che il Covid. Dunque lasciamolo andare perché fortunatamente di questa variante di Covid non si muore: ormai è solo concausa di mortalità nelle persone fragili. Semmai, rischi perché non trovi posto in ospedale: è questo che vogliamo?”.

La direttrice del Sant’Orsola Chiara Gibertoni propone di eliminare i tamponi ai pazienti asintomatici ricoverati.

“Concordo. Ora se arrivi in ospedale per una colica renale, e per caso scopri che sei positivo, entri in un tunnel senza uscita. Le regole vanno cambiate. Ma non posso deciderlo io e nemmeno la Gibertoni o l’assessore Donini: è il governo che deve muoversi aggiornando le misure”.

Ma non si rischia così di ricoverare un paziente positivo e di infettare gli altri ricoverati?

“L’attenzione va data ovviamente nei reparti degli immunodepressi. Per il resto è meglio rischiare di prendersi il Covid, con le stesse probabilità di prenderlo fuori, o essere mandati a casa perché l’ortopedia è chiusa e dunque slitta di tre mesi l’operazione a un’anca? Non ha più senso poi dimettere i pazienti solo quando si sono negativizzati, perché nel frattempo occupano un posto utile ad altri, mentre se stanno già bene potrebbero gestire l’attesa a casa. Ieri abbiamo apportato l’ennesima variazione per tirare fuori altri 50 posti letto: li abbiamo trovati, ma non abbiamo gli infermieri per gestirli”.

C’è il problema dei 200 sanitari a casa perché contagiati

“Abbiamo ancora quarantene di una settimana, quando magari c’è chi diventa negativo prima, ma non lo puoi richiamare al lavoro. Il problema riguarda tutti, anche chi guida i treni. Il danno economico è enorme a fronte di una paura infondata rispetto a un virus che non dà più infezioni severe. Certo, non è farina da farci le ostie, ma nemmeno quell’incubo mortale di due anni fa. Allora si torni a lavorare con la mascherina se non si hanno più sintomi”.

Quando ha senso fare i tamponi?

“Solo quando si è sintomatici, quando cioè si ha un raffreddore o un’infezione alle vie respiratorie. E vanno bene anche i test fai da te.

L’importante è dichiararlo. Dunque: test precoci ai sintomatici e cure a casa con gli antivirali che permettono di negativizzarsi in due giorni. Ne abbiamo in grandi quantità, prima si usavano per evitare di intasare gli ospedali, ora con questo virus, dovremmo prescriverli per permettere alle persone di uscire prima dalla positività”.

Le quarte dosi stentano a decollare: bisogna continuare a vaccinarsi?

“Bisogna vaccinarsi a più non posso perché una popolazione vaccinata non muore di Covid. Non cambierà coi vaccini aggiornati perché usciranno nuove varianti. Ma vale lo stesso concetto dell’antinfluenzale che ha una copertura del 40%: da vaccinato non muori e non vai in ospedale”.

Quanto conta la mascherina?

“La deve indossare chi ha il raffreddore e altri sintomi respiratori, per proteggere gli altri”.